Aggressione nel sottopasso della stazione ferroviaria di Lecco
Sicurezza, solidarietà, andare oltre i pregiudizi
Numerosi i commenti e le prese di posizioni che abbiamo letto a seguito del grave fatto verificatosi in pieno giorno nel sottopasso della stazione ferroviaria di Lecco e che ha visto due donne oggetto di violenza, una violenza inspiegabile con la ragione.
I commenti espressi sono sostanzialmente riconducibili a due modalità di valutare i fatti: una che analizza quanto successo per capire se ci sono “buchi” nel sistema di sicurezza cittadino; una seconda che, a prescindere dalla conoscenza dei fatti, ha sempre chiare le responsabilità e le soluzioni.
Citiamo due esempi:
- il Prefetto ha convocato un vertice delle istituzioni preposte alla sicurezza e in un comunicato ha chiarito che l’autore della violenza è un cittadino straniero, titolare di permesso di soggiorno, attualmente sottoposto a Trattamento Sanitario Obbligatorio e a valutazione medica per l’inserimento in una struttura psichiatrica;
- il leader del Carroccio ha invece commentato che “a Lecco un immigrato clandestino del Togo spinge una ragazza giù dalle scale e stende a pugni una signora, senza alcun motivo. Arrestato e processato per direttissima, è già stato rimandato ai domiciliari in attesa della prossima udienza. Roba da matti. Altro che domiciliari, galera senza sconti ed espulsione per questi delinquenti”.
Il PD cittadino sottolinea l’importanza di valutare anche questo episodio alla luce dei fatti e non dei pregiudizi, e richiama l’attenzione su:
• la necessità di assicurare alle due donne la solidarietà attiva dei cittadini e delle Istituzioni. Significa garantire alle stesse vicinanza umana e la presenza dei servizi necessari per rimediare ai danni fisici e psicologici che hanno subito;
• il fatto che le forze dell’ordine, grazie anche al sistema di sorveglianza tramite le telecamere realizzato dal Comune, hanno potuto fermare subito l’autore delle violenze merita un apprezzamento positivo e dimostra l’attenzione per la sicurezza dei cittadini;
• il colore della pelle e/o il luogo di nascita non può essere una discriminante nel giudicare i fatti. Se la violenza di una persona momentaneamente “fuori di testa” fosse stata compiuta da un lecchese doc sarebbe stata ugualmente grave, anche per chi l’ha subita;
• opportunità di verificare nelle sedi preposte se i tempi di valutazione medica previsti dai servizi sanitari per aiutare le persone sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio sono adeguati per decidere come intervenire, stante la necessità di evitare pericoli per la persona stessa e per gli altri cittadini.